Tempo fa avevo iniziato a raccontare la mia storia; visto che qualcuno è stato curioso di sapere come è andata a finire, ho pensato di continuare il racconto.
Dicevo che ho sprecato molto tempo illudendomi di conquistare gli uomini solo attraverso la mia interiorità, magari dopo mesi passati a chattare, senza inviare mai nemmeno una fotografia. Pensavo bastasse diventare amici, sempre più intimi, per riuscire a sedurre. Naturalmente non ha mai funzionato.
Poi, come spiegavo nell’articolo precedente, ho cambiato metodo. Ho finalmente capito cosa dovevo fare.
Darla.
A cambiarmi la vita è stato un mio conoscente, con una frase qualsiasi: “oh, agli uomini basta un buco, se ti interessa solo fare qualche esperienza, vedrai che trovi facilmente”.
Ma no, ribattei io, funziona così solo per le fighe, o comunque passabili, non certo per le disabili un po’ deformi. Mica mi ci vedevo a provocare i maschi sculettando in discoteca – e non solo perché la celestiale vista del mio culo è sempre impedita dalla carrozzina.
Lui però insisteva, e mi mise la pulce nell’orecchio. Chissà se funziona. In fondo non ho niente da perdere.
Allora cominciai a chattare in un altro modo. Non più interminabili amicizie virtuali con pochi eletti, ma numerosi contatti con (quasi) chiunque mi capitasse a tiro. E una grande sincerità.
“Sai, sono in carrozzina – questa è la mia foto – e non ho mai fatto sesso. Mi manca un po’ quest’esperienza, così cerco qualcuno per provare, qualcuno che mi faccia semplicemente sentire a mio agio, senza altre pretese.”
Chiariamoci, non è che scrivessi annunci del genere o aprissi la conversazione direttamente in questo modo. Ho sintetizzato. Diciamo che iniziavo con due chiacchiere normali, ma cercavo di spiegare al più presto della mia disabilità, senza rimandare, senza nascondermi.
E, sempre senza nascondermi, ammettevo il mio desiderio.
Non è che sia facile. Non vorrei annoiarvi con parentesi psicosociologiche, ma mi sento di osservare che, mentre l’adolescente medio è ipersessualizzato da questa società che bla bla bla, l’adolescente disabile spesso cresce iperrepresso e più moralista del Moige. A vent’anni ha ancora fantasie da tredicenne su amori romanzeschi e idealizzati.
Se sei una donna, poi, figuriamoci. Ti convincono che sei saggia e profonda, le vecchiette ti regalano santini e tutti ti assicurano che grazie al tuo livello intellettuale sei nettamente superiore a quelle zoccole dai tacchi alti.
Alla fine come puoi confessare “Uhm, sarò anche superiore, però preferirei scopare come loro”?
L’altra difficoltà è che, naturalmente, non è che tutti fossero così vogliosi di andare a letto con una disabile. Un buon numero dei ragazzi contattati è sparito in fretta con qualche scusa, qualcun altro ha candidamente ammesso che non rientravo nei suoi canoni estetici, e qualcuno era così insulso che perfino in quella fase di magnanimità ho dovuto rifutarlo io.
Una fondamentale verità che ho appreso in quel periodo è stata questa: ci sono poche persone a cui posso piacere. Avrò per sempre meno pretendenti di qualsiasi mia amica non dico figa, ma anche a mala pena normale. Questo è un dato di realtà con cui fare i conti, e il modo per farci i conti non è chiudersi in camera e inondare il cuscino di lacrime per la propria sorte sfortunata, ma provare di più.
Da un punto di vista logico non fa una piega: se hai meno probabilità, l’unico modo per aumentarle è fare più tentativi. L’altra faccia della medaglia è che bisogna essere pronti a incassare un sacco di rifiuti senza lasciarsi sgretolare l’autostima, e non è sempre scontato. Ma andare presto al dunque aiuta a limitare i danni: chiarivo la mia situazione e le mie intenzioni entro il primo o il secondo giorno di chat, ben prima di affezionarmi. Così, se era un no, amen, passiamo al prossimo.
Comunque,
tempo un paio di mesi ci ero riuscita.
(Mi chiederete cosa c’entra tutto questo con la ricerca dell’amore. In fondo, all’inizio è stato solo sesso.
Eppure, mi è stato indispensabile per sbloccarmi, e riuscire poi a fare il passo successivo.)
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