Mi chiamo Michela, ho 25 anni e vivo in un piccolo paese in Provincia di Milano. Nella mia vita ho sempre voluto il massimo, soprattutto da me stessa. Il massimo delle esperienze, il massimo delle emozioni, delle sensazioni, dei dolori, dei rapporti. Che dire, non mi accontento mai. Mi sto laureando in Criminologia e Sicurezza all’Università Cattolica di Milano. Ho conseguito precedentemente un diploma di ragioneria e successivamente una laurea triennale in Psicologia. Fare carriera è uno dei miei sogni e, nonostante le difficoltà ormai di tutti disabili e non, sento che piano piano si sta realizzando.

Amo viaggiare. Tantissimo. Sono stata un mese, da sola, all’Università di Los Angeles per un corso intensivo di inglese. Un’esperienza indimenticabile, fantastica, che mi ha letteralmente cambiato la vita e che continuo a portare nel cuore, nel cassetto dei ricordi più memorabili della mia vita, in cui ho potuto assaporare il profumo dell’indipendenza, dell’autonomia, dell’avventura. Il tutto in un paese diverso, con una cultura assistenziale diversa e, non irrilevante, una lingua diversa, dove risulta talvolta difficile esprimere i propri bisogni. Prima e dopo Los Angeles ho visitato Barcellona, Madrid, Egitto, Cardiff, Santo Domingo, alcune città d’Italia e ho in programma per l’estate un breve soggiorno a Londra. Non mi stanco mai, viaggiare mi riempie di gioia, di passione, di vita, di ricchezza. Desidero scoprire il mondo.

Amo la lettura. Dostoevskji è il mio scrittore preferito e Le Notti Bianche è il più bel libro che abbia mai letto. Un giorno andrò a San Pietroburgo, è una questione di quando e non di se.

Ho una famiglia stupenda. Senza il loro affetto smisurato non avrei mai potuto raggiungere i miei sogni. Sono fortunata nella mia sfortuna, la distrofia muscolare facio-scapolo-omerale. Senza peccare di presunzione, mi considero una ragazza in gamba, intelligente e anche bella. Nonostante i segni della malattia, non disprezzo il mio corpo, sento che può amare ed essere amato.

Amore. Non sono mai stata innamorata. Ho rifiutato 3 ragazzi nella mia vita, tutti normodotati. Li ho scartati perchè avevo paura, perchè non mi sentivo pronta, perchè la mia malattia era sopra ogni cosa. Non nego le oggettive difficoltà a trovare l’amore ma sento che, nella mia vita, ll’ostacolo è stato creato dalla mia testa, dal mio carattere, dalle mie paure e, purtroppo, dalle mie pretese. Sento che una persona sicura di sè, con passioni, interessi e obiettivi, non possa non attirare un uomo o una donna che la possa amare incondizionatamente. La disabilità spesso è nella mia testa più che nel mio corpo.

La mia malattia si è sviluppata intorno ai 12, 13 anni, presentandosi inizialmente con problemi di deambulazione fino a rendere obbligatorio, da 7 anni a questa parte, l’utilizzo della sedia a rotelle. So cosa vuol dire correre, giocare a pallavolo, sentire i piedi affondare nel bagnasciuga, indossare una maglietta in due secondi invece che in 10. Ciò mi ha portato a tessere legami con amici per lo più normodotati, conosciuti negli anni della scuola. Non sono mai riuscita a legarmi a persone con disabilità, perchè guardando loro vedevo me stessa e avevo paura. Con il tempo, il confronto con i miei amici di sempre, è diventato più complicato, un po’ per l’aumento delle mie paure e un po’ per invidia. Notavo sempre quello che loro potevano fare e quello che invece non potevo fare io, oscura del fatto che anch’io, con i dovuti rimedi, potrei fare qualunque cosa, come ad esempio praticare uno sport come il wheelchair hockey. Ritengo che l’integrazione, volontaria, in una realtà dove la disabilità viene toccata con mano ed esplorata a 360° sia il primo passo verso l’accettazione.

La mia paura più grande? I cambiamenti. I cambiamenti del mio corpo, delle mie potenzialità fisiche, della mia forza. Cambiamenti che non mi permetterebbero di sperare in altri sogni, come una casa tutta mia e, chissà, una famiglia. Sono giovane, d’altronde a 25 anni si ha una vita intera davanti. Ma per noi, è davvero così?