Citofonano. Apro. Dopo un po’ salgono ed entrano. Ci salutiamo. E’ da un po’ che non vedo né mia madre né mio fratello, molto di più mio fratello. Lui ha un altro viso, penso che questa volta sia veramente cambiato, e probabilmente è così. Gli mostro la casa. Ancora, dopo diversi mesi, non era mai stato da me. Non è uno che esplicita molto, ma percepisco che ha una più alta considerazione di me, come io di lui ora.

Usciamo. Mia madre : “ Chiudo io tranquillo così facciamo più veloce “, non l’avesse mai detto XD , al ritorno mi accorgerò che la porta era chiusa per metà…LOL
Ci incamminiamo verso il ristorante. A mia madre è venuta la brillante idea di andare al ristorante tramite metro. Io non ero d’accordo perché ho immaginato cosa sarebbe potuto accadere, ma poi sono convinto che una persona deve provare le cose sulla propria pelle e poi non mi andava di discutere per una cazzata del genere. Sono stato zitto. Andiamo col metro.
Prendiamo la lilla. Arriviamo in Garibaldi. Dobbiamo prendere la linea verde, metro, e qui – per la puttana – iniziano i cazzi.

Mi rivolgo all’addetto del gabbiotto dicendogli che dobbiamo andare in porta Genova col metro e quindi ho necessità del montascale. Capisce la richiesta al primo colpo – cazzo, penso, siamo a cavallo ! – poi mi informa che i montascale non possono supportare un peso superiore ai 200 Kg. Penso : per Dio, ma ci vedi ?!? posso pesare io e la mia sedia più di 200 Kg ?!? bho… mi rivolgo a lui dicendogli: “ tranquillo, l’ho già preso diverse volte, e poi non sono così grasso ! XD” mia madre e mio fratello si mettono a ridere, e anch’io, l’addetto no, chiaramente non capisce la battuta, del resto mi rendo conto che è troppo per un bipede del genere comprendere sia la richiesta del montascale che una battuta: o una cosa o l’altra. XD

Aspettiamo l’addetto. Mi rompo le palle dopo pochi minuti, e su mio consiglio, invito mio fratello e mia madre a recarci alla scalinata. Alla prima mia madre dice di aspettare l’addetto, poco dopo – mia madre non ha moltissima pazienza, un po’ come me, sono proprio suo figlio – ripropongo di muoverci. Lei è d’accordo, e andiamo.

Ci incamminiamo verso la scalinata della morte, sì esatto, quella che porta alla banchina del metro, non all’inferno, anche se le assomiglia molto.
Scalinata lunga diversi metri. Montascale in fondo. Bipedi che salgono e scendono. Io, con la mia famiglia ad aspettare. Aggiungo una nota necessaria: il montascale può salire da solo, cioè essere chiamato dal gabbiotto, ma gli addetti, normalmente non hanno voglia e se ne sbattono serenamente. Per cui: servizio = merda : stipendio = l’addetto viene pagato.
E’ mio fratello a tenere premuto il tasto per richiamare e fare salire il montascale: tempo impiegato dal montascale per fare una salita, 5 minuti. Mentre aspettiamo ci lasciamo andare – giusto per sdrammatizzare la situazione benché il calvario non sia ancora iniziato – a piacevoli battute sui tempi eterni di questi trabicoli del cazzo, sui nostri capelli che diventano bianchi, sulle palle che ci stanno girando. Arriva l’addetto che subito dopo va via, vedendoci scocciati, mentre sospira, esclama : “ menomale che ci sono questi…! (montascale) ci mettono un po’, ma arrivano..!”
Rispondo: “ si, ma io non ho tutta la mia vita da spendere qui…” non dice nulla, prende e se ne va.
Piccola nota: comincio a pensare che per essere assunto come addetto uno debba seguire un corso in cui ti INSEGNANO ad essere ritardato. Non posso pensare che un individuo nasca così stupido, è per forza una cosa appresa. Gli animali non sono così stupidi, sono molto più intelligenti di questi bipedi sub-umani.

Andato via l’addetto, si ferma a parlare con noi un addetto alle pulizie guardando basito la scena e ci informa che Garibaldi è l’unica stazione in cui non ci sono gli ascensori per la metro verde ma è presente il montascale, mentre in tutte le altre stazioni, ci sono gli ascensori, ma non funzionano. Non so se questo sia vero o meno, ma molte volte, chi sta in basso, ne sa molto di più di chi sta in alto, o ha più occhio nel vedere certe cose. Mia madre rimane sconvolta, tra nervoso e disperazione, più di me, che ormai ho raggiunto uno stato di mezzo coma, mezza meditazione estraniandomi dal contesto ricercando il Nirvana.

Arriva il montascale, esco dallo stato di catalessi autoindotta, mi ci fiondo sopra. Mi sento come un bambino la prima volta che sale sulla giostra – tiro l’ennesima bestemmia a tono di voce moderato- e tenendo premuto il pulsate per scendere (eh sì, perché i tasti in questi apparecchi non rimangono schiacciati, li devi tenere premuti, se lo lasci, il montascale si ferma ) mentre mi imbratto le mani con quel cazzo di telecomando quasi completamente collato – che schifo – penso che se Dio mi sta guardando, si sta facendo una grossa risata. “Ho messo al mondo i bipedi, migliaia di anni di storia, e guardate quanto sono stupidi.” questo penserebbe Dio.

Arriviamo finalmente in fondo alla scalinata, nel girone più basso dell’inferno. Informo mia madre che per salire sul metro ho bisogno dell’addetto con la rampa portatile in stile valigetta James Bond 007. Se ve lo state chiedendo, sì, è chiaramente un adattamento all’italiana. In altri paesi probabilmente riderebbero di una cosa del genere.
Mia madre si rivolge a me : “ pure…!?!” – bestemmia – le do tutto il sostegno che mi è rimasto bestemmiando insieme a lei, famiglia vuol dire anche questo.
Mia fratello senza dirglielo 2 volte si fionda a chiamare l’addetto che è rimasto comodamente al gabbiotto senza capire che una pcd ( persona con disabilità) che ha bisogno del montascale ha necessariamente bisogno anche della rampa per salire sul metro. Tra l’altro io avevo pure detto all’addetto del gabbiotto che sarei sceso a porta Genova, solo dopo scopriremo che non aveva capito nemmeno questo, ossia non aveva avvisato in porta Genova che un addetto avrebbe (condizionale intenzionale perché non è detto che si presenti nemmeno se si avvisa l’altro addetto) dovuto permettermi di scendere.

Insomma a questi bipedi sub-umani se non gli fai i disegnini con la matita come ai bambini non capiscono. Non è che semplicemente non capiscono. Non capiscono una madonna. Poi magari li tratti da deficienti, spiegandogli per filo e per segno le indicazione ripetendole più volte in modo sempre più chiaro, e si incazzano pure ! ( ed è capitato più volte !)
Mio fratello ritorna correndo ( solo dopo scoprirò che lui e mia madre è tutto il giorno che sono in giro col metro per Milano a camminare per varie commissioni) dicendo che davanti al gabbiotto c’era tanta gente che chiedeva informazioni o altro ma che comunque ha avvisato l’addetto che necessitavo di una rampa per salire sul metro.
Aspettiamo. Arriva il metro. Ci rompiamo le palle. In qualche modo mio fratello mi spinge sopra il metro superando lo scalino. Non è tanto alto, ma sufficientemente alto da impedirmi di salire autonomamente senza l’aiuto di nessuno. Come fanno i bipedi del resto…
Siamo sul metro. Arriviamo a porta Genova. L’addetto con rampa ovviamente manco per il cazzo. Mio fratello mi da una mano a scendere dal metro.

Arriviamo davanti ad un’altra scalinata, lunga il doppio della precedente. Mi viene la nausea, il nervoso, e mi girano le madonne. Bestemmio. Mia madre con me. E mio fratello sembra contenersi, ma ne ha le palle piene anche lui tanto quanto noi. E’ chiaro.

Cerchiamo di tirare giù la rampetta del montascale con una delle 2 levette a molla ( non pulsanti, LEVE, come gli apparecchi di una volta), sbagliamo leva. Stiamo per provare l’altra e una voce dal microfono dell’apparecchio delle 2 leve ci informa che dobbiamo provare l’altra leva. Grazie al cazzo.
Piccola riflessione: l’addetto che ha parlato nel microfono dandoci questa preziosissima informazione, probabilmente senza il suo aiuto, ora, saremmo stati ancora li – cazzo – a quanto pare, era stato avvisato da Garibaldi, ma probabilmente per mancanza di voglia, non era venuto con la suddetta valigetta James Bond 00ritardato a permettermi di scendere dal metro. Questo probabilmente è avvenuto.
Comunque… salgo sul montascale.
Montascale probabilmente usato per l’ultima volta nel lontano milleottocentoventordici. Sporco. Vecchio. In disuso. Non funziona.
Cosa ?!? – starete pensando – ebbene sì, non funziona. Schiaccio un pulsante si chiude la sbarra di sicurezza dietro le mie spalle e mi sento come un bue che sta per andare al macello. Tengo premuto : “Tac-tac-tac.” Fermo, non parte. Schiaccio l’altro pulsante, si alza la sbarra che si era abbassata. E’ il tasto sbagliato. Era giusto il primo. Ripremo il primo. Si riabbassa la sbarra. Mi sento bue al macello per la seconda volta e “Tac-tac-tac !” fermo. Non parte.
Bestemmio. Mia madre con me con tutta la veemenza che ancora abbiamo in corpo – e il bello deve ancora venire – e mio fratello è basito, stupito… e qualche altra cosa che stiamo provando tutti noi…
Mio fratello – colpo di genio a cui io nemmeno avevo pensato – dice: “ magari non riesce a sollevarti perché non supporta il peso…”
io: “ ma no dai, è impossibile, l’altro è andato…!”
Lui: “ provo a spingere il montascale con su te.”
Mentre prova a spingermi con tutta la forza che ha, io tengo premuto il presunto pulsante per salire.
Tempo qualche secondo, e dopo i vari “Tac-tac-tac” di sta minkia, il montascale si sblocca e sembra essere partito.
Procede a velocità di elefante in decomposizione avanzata con una quercia in culo, e mia madre e mio fratello mi seguono esausti.
Mentre salgo col montascale ogni tanto si sente un “Tac” lasciandomi intendere che probabilmente quel montascale non si usa da moltissimo tempo.

Arriviamo al piano superiore. Vedo mia madre che sta parlando con l’addetto che – per la puttana – ha mosso finalmente quel suo culo da bipede di merda pagato, anche se solo per scambiare 4 chiacchiere di “cortesia “ – come se sapesse cos’è – con mia madre.
Quando un uomo vede una bella donna, si muove. Quando vede persone che hanno necessità particolari ed è pagato per dare sostegno, non si muove. Siamo animali. Noi italiani siamo animali. Della più bassa specie. Sono più utili tanti animali che molti bipedi… ora capisco Hannibal Lecter…
L’addetto ci informa di una strada alternativa a quella che stiamo facendo, probabilmente perché non aveva voglia di muovere il culo e la nostra sola presenza lì gli creava disagio e fastidio – guarda se uno non si può muovere liberamente facendo la cazzo di strada di merda che cazzo vuole – .
Non dico nulla sentendolo. Non ha senso…ciò che ha fatto e non, si commenta da solo. Mi limito a dire : “ Ok, anche perché è abbastanza imbarazzante salire le scale con quel trabicolo di merda…”. Credo abbia capito che una sola altra sua parola mi avrebbe fatto esplodere come la bomba di Nagasaki. Non ha detto più nulla.

Passiamo i caselli dei biglietti e arriviamo ad altre scale. “ma siamo seri ?!?!” – penserete -. Ebbene si, altre scale con un altro fottutissimo montascale. Niente ascensori per quelli che valgono meno dei bipedi ( è chiaramente sarcastico). Se ci sono come diceva l’addetto alle pulizie, o non funzionano, o non c’è nessuna indicazione chiara, o nemmeno gli addetti al gabbiotto sanno che esistono…non lo so.
Davanti al montascale. Levette. Dio. Questo funziona. La scalinata è divisa in 2 parti. La prima parte comprende 4 o 5 scalini, poi percorso in piano per qualche metro, e a seguire una scalinata più lunga. Il montascale copre tutto il percorso senza dover scendere sul piano a fare il cambio di un altro possibile montascale. Che culo.
Mentre sto salendo col montascale, io, mio fratello e mia madre ci abbandoniamo a commenti simpatici su questi trabicoli e sulla fenomenale perspicacia degli addetti.
Arriviamo in cima. E finalmente rivediamo la luce. Non credevo che la luce di Milano potesse sembrarmi così paradisiaca.
In realtà la luce cominciava a scarseggiare. Si era fatta quasi sera.

Ora inizia la parte divertente e la cosa peggiore che potesse capitare. Mia madre prende in mano il comando e il navigatore del suo smartphone per arrivare al ristorante. Non l’avesse mai fatto.
Cominciamo a camminare. ( solo dopo quasi un ora delle sue indicazioni sbagliate, ma di cui era estremamente convinta, e guai a dirle qualcosa, io e mio fratello scopriamo che la direzione iniziale era sbagliata).
Dopo i primi 20 minuti di camminata, mi viene il dubbio che la strada sia sbagliata. Mia madre sembra così convinta…seguiamola. Dopo altri 10 minuti, è diventata una convinzione. La strada pertanto è sbagliata. Mio fratello prende in mano il navigatore e comincia a dirigere. Mi sembra strano vederlo prendere una iniziativa, forse è veramente cambiato.
Camminiamo, io con mio fratello e mia madre appena dietro di noi con Kero, il cagnolino di famiglia, perché il vero cane, qui, per fortuna o purtroppo, non c’è.
Ogni tanto io mi fermo rallentando il passo in modo da riavvicinarci tutti. E poi si prosegue.

Io e mio fratello, per sdrammatizzare la situazione, ci raccogliamo poco più avanti, cercando di scherzare sia sulla strada sbagliata, sia sul metro, e parlando anche tranquillamente tra di noi, fratelli, cosa che non ricordo sia mai successa prima. Se è successa in passato, sono passati veramente troppi anni per ricordarla, ma non troppi per recuperare.

Arriviamo in non so che cazzo di posto, dopo un giro ecologico di Milano, vicino ai Navigli. Chiediamo informazioni sulla direzione di Viale Gorizia ad un signore affacciato ad una finestra, ci informa che dobbiamo percorrere tutta la via, arrivare ai Navigli e superare il ponte, ma il ponte ha le scale e ci domanda : “ come fa il ragazzo con la carrozzella ?”
Mia madre risponde, mentre rincomincia a camminare: “ Grazie…!” segue bestemmia sottovoce. Seguita dalla mia e mio fratello pur non dicendo mi pare nulla, si vede che si sta mettendo le mani nei capelli…

Arriviamo al ponte. Mio fratello dice che forse riusciamo a sollevare me con la carrozzina ( 90 Kg solo la sedia) per tutta la scalinata di una notevole pendenza.
Lo guardo e gli dico: “ Ma sei impazzito ?!?!? non vedi che percentuale di pendenza ha e quanto è lunga ?!?! Non c’è la fai, nemmeno se chiedi ai passanti una mano…! SE ce la fai, ti spacchi la schiena.”

Lui mi risponde: “ Guarda Ricky, solo all’idea di farmi tutto il giro dei Navigli, preferisco spaccarmi la schiena e farmi la scalinata…”
Penso che è chiaro, la stanchezza gli ha dato alla testa, non risponde più di quello che dice. Mi impunto. Gli dico di no. Non è cosa. E’ troppo pericoloso sia per me che per lui e per chi mi dovesse dare una mano.

Decidiamo di dire a mia madre di passare il ponte con Kero e aspettarci dall’altra parte del Navigli mentre io e mio fratello ci facciamo il giro. Acconsente. Mia madre era sfinita. Più stanca di tutti noi.
Avevo paura che si perdesse sul ponte dei Navigli, al che faccio a mio fratello: “ dalle il navigatore se no si perde !”
Mio fratello si è messo a ridere dicendomi: “ Ma se sono 10 metri !”
E io: “ bè, non si mai !”

Ci dividiamo: io e mio fratello, mia madre e Kero. Mio fratello sale dietro di me e via. Come 2 piloti di formula uno sfrecciavamo per le strade di Milano come se non ci fosse un domani. Non ce ne fregava nulla: viaggiavamo a 12 Km/h in mezzo alla strada, senza semafori, stop, marciapiedi, niente. Avevamo raggiunto il punto limite. Che qualcuno si fosse fermato a dirci qualcosa. Lo avremmo scannato divorandolo senza pensarci.

Mentre stavamo facendo il giro dei Navigli, mio fratello realizza dove siamo, l’immensa strada che abbiamo fatto in più e che usciti dal metro, il ristorante si trovava a soli 300 metri in direzione esattamente opposta. Bestemmiamo allegramente insieme ridendocela. Lui è veramente stanco.
Ci ricongiungiamo con mia madre e il nostro cane da compagnia, stremato anche lui…
Mio fratello domanda a mia mamma con tono scherzoso: “ hai realizzato dove siamo ?”
E mia madre con un aria vagamente stupita risponde:” eh sì…!”
Alla fine, povera, si è incazzata con se stessa…! E a me veniva da ridere perché era un paradosso incazzarsi con se stessi perché si ha sbagliato strada…! Ahah Emoticon smile
Arriviamo al ristorante dopo poco più di un ora di camminata. Non credo di aver mai fatto così tanta strada con la mia sedia senza fermarmi. Il joystick della sedia è bollente e non per il sole. Partito con full carica verde. Arrivato con carica gialla.

Incontriamo l’uomo di mia madre, Dario, e sua figlia, Jessica. Gli è chiaramente cresciuta la barba a lui. E’ chiaramente un santo ad aspettare per così tanto tempo. Dovevamo arrivare alle 19:30. Siamo arrivati alle 21.00 circa…
Entriamo immediatamente nel ristorante. C’è un gradino. Non è molto alto, ma abbastanza alto da impedirmi di entrare autonomamente senza l’aiuto di nessuno.
Vado avanti e salgo con le ruote anteriori con l’aiuto di mio fratello. La porta è stretta, solo una persona può dare una mano dall’interno e una dall’esterno. Mio fratello fa fatica ad alzarmi le ruote posteriori per spingermi dentro e farmi salire. Davanti a noi c’è un ragazzo che sta aspettando il cassiere che torni per pagare il conto. Volta il viso verso di noi guardando la scena. Io lo guardo per un attimo negli occhi. Lui vede la scena e mi guarda anch’egli negli occhi. Credo stia facendo un passo verso di noi per aiutarci.
No, aspetta.
Distoglie lo sguardo.
Come se la cosa non lo riguardasse.
Si gira a 180° e guarda, così, il ristorante, per passare il tempo, aspettando che il cassiere ritorni per pagare il suo conto.
Io, e in parte anche mio fratello, siamo basiti, non ci diciamo nulla. Avrei voglia di scuoiare quel ragazzo vivo. Legarlo ad una sedia. Spaccargli le rotule. E mentre è a terra. Avvicinarmi a lui sussurandogli all’orecchio: “ cammina ora…”.
Non faccio nulla di tutto ciò. Entriamo con un misto di stanchezza, nervoso, allegria e in fondo serenità, finalmente siamo arrivati.
Dario mi chiede cosa è successo e perché tutto questo tempo per arrivare, sapendo già il perché e io ironizzo dicendo: “ si deve seguire la terza legge universale sul genere femminile… – mai dare ad un donna il navigatore-.”

“E le altre due ?”
1- Mai dare ad una donna la tua carta di credito.
2 – Mai ascoltare consigli delle donne sulle donne.
Ridiamo sapendo che sono cazzate per scherzare.
Ci sediamo. Ordiniamo. E passiamo una bella serata.
Finito di mangiare. Ci aspetta il ritorno a casa.

Paghiamo e usciamo dal ristorante. Ci incamminiamo verso la metro con Dario e sua figlia.

Arriviamo alla scalinata (quella di prima, divisa in 2 pezzi). Il montascale è ritornato giù. Dobbiamo aspettare che sale. Mio fratello va in fondo alla scalinata per azionare le levette che a quanto pare, quelle in alto, non funzionano. Dopo qualche minuto mio fratello risale le scale con un signore dicendoci: “ non funziona…!”
Bene – penso – mi piace quando questi trabicoli di merda funzionano 2 ore prima, e 2 ore dopo non vanno più. Tutti noi, Dario, mia mamma, mio fratello, io, Jessica, e anche il signore che è salito con mio fratello, guardiamo attoniti le scale. I branchi di bipedi, gli agglomerati di individui possessori della capacità di camminare, ma non di quella di pensare tanto quanto quella di vedere, continuano a passarci accanto, a tutti noi. Nessuno si ferma. Nessuno. Proprio nessuno.

Il signore (che aveva pure un bambino piccolo), mi si avvicina e ci dice con un tono rassegnato:” O alziamo la carrozzina e proviamo a scendere, o state qui fino a domani…”
Rispondo: “ ….la schiena è la tua, tesoro…” ( penso che abbia creduto che io fossi gay solo perché ho detto quel termine, ma l’ho detto chiaramente con un tono amichevole e di comprensione nei suoi confronti, ma ora vediamo cosa succede…XD)

Scendiamo i primi 2/3 gradini con mio fratello, Dario e il signore che cercano di alzare la carrozzina, ma non ce la fanno perché è troppo pesante. Optiamo per fare un gradino alla volta, ma la botta del rinculo che deve sopportare la parte posteriore è troppo forte. Ci fermiamo un attimo. Abbastanza disperati. In tutto ciò ci saranno passati accanto almeno più di 500 persone in tutti quei minuti, forse di più. Nessuno si è fermato.

Ad un certo punto un gruppo di persone, amici probabilmente, vede la situazione, noi, ad un quarto di scalinata, che non sapevamo più come muoverci. Senza neanche dirlo 2 volte. Mentre ci domandano in modo retorico se abbiamo bisogno, prendono me e la carrozzina di peso, insieme a Dario, mio fratello e il signore, e mi portano giù. Mentre scendiamo, io mi scuso, dicendo che sono mortificato di fargli fare una fatica del genere. Mi dicono di non preoccuparmi. Io sono imbarazzato per tutta la situazione. Nessun uomo dovrebbe ricevere questi schiaffi gratuiti alla propria dignità di persona.

Mentre mi scuso. Qualcuno dei signori che mi stava dando una mano dice scherzando:” dai, guarda il lato positivo, pensa che hai questo servizio gratuitamente, non ci pagano nemmeno…!”
E io: “ eh, è vero, lo stato dovrebbe pagarvi, state svolgendo un servizio pubblico…”
Niente di più vero. Toglierei lo stipendio a quei ritardati di addetti e lo darei a queste persone che stanno dando una mano ad una pcd fuori da ogni logica di guadagno.
Sempre mentre scendiamo, il signore col bambino mi fa : “ E poi dove li trovi tutti questi bei fusti che ti danno una mano…(?)”
Lo guardo, e sorrido, senza dire altro. A quanto pare se tu dici “tesoro” a qualcuno, questi ti prendono per gay… Non capisco la logica…ma va be…non posso mica mettermi ad imbastire una discussione ermeneutica sul termine “tesoro”.
Lascio stare. Ringraziamo tutti una volta arrivati giù e andiamo avanti.
Mentre ci incamminiamo verso i caselli per i biglietti, noto che il gentile signore, che ha impiegato tutto quel tempo con noi, mi vede passargli accanto e si rivolge al suo bambino in modo scherzoso dicendo: “ vedi, quel ragazzo è in carrozzina perché non ha voglia di camminare…!”
Io, mio fratello e mia madre ci mettiamo a ridere e il bambino esclama:” Non me ne frega niente..!”
Penso per un attimo che l’indifferenza fa parte proprio dell’animo umano, e che è una necessità insegnare a non essere indifferenti se vogliamo vivere serenamente su questo pianeta con il tempo che ci è concesso.
Salutiamo il signore, dopo averlo ringraziato più volte.

Ai caselli dei biglietti salutiamo Dario e sua figlia. Loro ritornano all’auto vicino al ristorante.
Arriviamo ad una nuova scalinata. Molto lunga quanto ripida. Il montascale è giù in fondo. Le levette non funzionano.
Mio fratello e mia mamma dovevano prendere il treno, quindi mio fratello è corso al gabbiotto a chiedere all’addetto di attivare il montascale.
Mio fratello ritorna dicendo: “ Non c’è nessuno…! “
L’addetto non c’è. Dov’è non si sa. Ma li, non c’è. Dubito fortemente che stesse aiutando un’altra pcd.
Seguono bestemmie di mia madre, e mio fratello, stranamente, si mette ad alzare la voce, furioso, insieme a mia madre e me. Io cerco di mantenere la calma isolandomi e ricercando il Nirvana, fissando attonito la scalinata con uno sguardo sospeso…
Dico a mio fratello con tono comprensivo:” E’ inutile incazzarsi così Lorenzo, Non vedi che non gli frega un cazzo a nessuno, fermati un attimo e guarda la gente che passa. Cosa vedi ? Gente che passa e chiacchera. Nemmeno ti vede. Ti guarda ma non ti vede. Non serve a nulla. Se ti incazzi così, fai solamente chiacchere e basta. Qui, su queste scale, o ci piazzi una bomba e le fai saltare in aria così che le devono ricostruire, o niente. Non serve a nulla mettersi a discutere per queste cose…”
Mio fratello ascolta quello che sto dicendo, ma non capisce come io possa mantenere una tale calma interiore nonostante la cosa mi riguardi in prima persona. E’ una cosa che va al di là della comprensione, anche quella di mio fratello. La pace interiore rispetto a queste cose è una cosa che acquisisci col tempo e l’esperienza. Non la impari trovandoti difronte a 4 scalinate.

Arriva l’addetto fresco come una rosa dopo 10 o 15 minuti di smadonnamenti vari. Camminando tranquillo come se nulla fosse successo, come se stesse sorseggiando del Whisky al country club della domenica.

Mia madre, vedendo questo bipede così tranquillo provvede immediatamente a farlo tornare sul fottuto pianeta terra dandogli una strigliata e quasi insultandolo.
L’addetto, mentre mia madre si lamentava con tutta la veemenza che aveva in corpo, continuava a ripetere, esattamente come fanno i ritardati autistici ( con tutto il rispetto per loro che sono indubbiamente più intelligenti di questi sub-umani) per estraniarsi dal contesto:” Dove dovete andare ?” “dove dovete andare?” “dove dovete andare?” “dove dovete andare?” “dove dovete andare?” “dove dovete andare?” “dove dovete andare?” “dove dovete andare?”
Ho pensato: “ ma brutta testa di cazzo, ma secondo te dove cazzo dobbiamo andare se la scalinata è una, ci siamo davanti da 20 minuti del cazzo, e il montascale è ancora giù in fondo…! Attiva questo cazzo di montascale brutto ritardato di merda.”
Mi sarebbe piaciuto mangiare Corn flakes nel suo cranio. Bipede di merda.
L’addetto, sempre camminando tranquillamente, quasi scocciato da ciò che era avvenuto. LUI. Si incammina verso il gabbiotto mentre si sente la mia voce da dietro ad alto volume, quasi urlando con tono del più profondo disprezzo possibile ( mentre un gruppo di bipedi si era fermato – attenzione –non a dare una mano, ma bensì ad assistere allo spettacolo teatrale di mia madre e mio fratello che davano contro all’addetto, senza pagare il biglietto.) : “ FATE CAGARE. CAGARE.”
Ho visto che l’addetto si è fermato di spalle per un millesimo di secondo. Ha recepito il messaggio. Non si è voltato. E ha continuato a camminare verso il gabbiotto, credo, attivando il montascale, che era ancora giù.
Ah già, con mio fratello si è giustificato dicendo che al gabbiotto era solo. Ma che cazzo dici. Al gabbiotto l’addetto è sempre solo. Uno ce ne sta li dentro. Che ritardato del cazzo. Questo proprio li batteva quasi tutti. Gli avrebbero dovuto dare un encomio per quanto stronzo e stupido era.

Il montascale appena partito per salire ci avrebbe messo troppo ad arrivare, e mia madre e mio fratello avrebbero perso il treno. Mio fratello ha iniziato a chiedere a qualche bipede di passaggio se poteva darci una mano a sollevare la carrozzina. Le reazioni delle persone a questa richiesta hanno lasciato sia me che mio fratello basiti. Gente a cui rivolgevi la parola che nemmeno si fermava e continuava a camminare. L’agglomerato di bipedi che aveva assistito allo spettacolo si era dileguato senza aver lasciato nessuna traccia. Alcune persone mentre rallentavano il passo per rispondere a mio fratello:” sì sì, per me non c’è problema, se c’è da aiutare, aiuto” continuavano a camminare per la loro strada.

Per Dio. In culo a questa città e a chi ci abita. Da Stazione Garibaldi a porta Genova. Dai ristoranti del cazzo, italiani e stranieri, non accessibili, al ponte dei Navigli e alle strade con marciapiedi senza merde di scivoli. Che un terremoto la faccia crollare. Che gli incendi la distruggano. Che bruci fino a diventare cenere. E che le acque si sollevino e sommergano questa fogna infestata dai topi.
Mia madre disperata si è messa ad alzare la voce rivolgendosi a tutti i bipedi che passavano e a nessuno. Indicando me, chiedendo di darci una mano.
Un piccolo agglomerato di bipedi quanto misero di animo si è avvicinato a noi perché doveva. Mi hanno preso e alzato e portato giù. Mentre scendevamo io mi sono scusato. Ero ovviamente imbarazzato. E ho chiaramente detto loro che ero mortificato. Silenzio. Nessuno ha detto nulla. Sembrava quasi colpa mia. E nella loro testa probabilmente, lo era anche. Senza il quasi.
Arrivati giù, li ho comunque ringraziati. Non si sono nemmeno voltati. Né uno sguardo, né una parola. Nulla. Hanno continuato per la loro strada, dandoci, dandomi le spalle.
Mia madre non ha visto questi sottili atteggiamenti. Mio fratello sì. Si è messo a commentare con me l’accaduto affermando che la gente di oggi è merda. Non ho potuto fare altro che dargli ragione.
Saliamo sul metro. Arriviamo a stazione Centrale. Saliamo con l’ascensore. Per arrivare a Zara devo andare sulla banchina opposta. Nessuna indicazione. Ascensori che scendono solamente. Mia madre e mio fratello devono andare altrimenti perdono il treno.
Gli dico:” voi se dovete andare, andate pure, tanto qui non ci sono più scalinate.”
Ci salutiamo velocemente di sfuggita e vanno.

Rimango a girare per 10 minuti cercando ascensori, che oltre a scendere, salgono, per poi passare dall’altro lato della banchina. Niente. Mi giro tutti i possibili angoli. Niente. Mi sento come Alice nel paese delle meraviglie in cerca del coniglio bianco.
Ad un certo punto, arriva, credo per caso, un addetto, tanto bipede quanto stupido.
Si guarda in giro e intorno come ho fatto io. Nemmeno lui sapeva dove andare. Va bè. Non ho parole. Cerca come ho fatto io un ascensore che sale, ma niente. Nel mentre, mi chiede dove devo andare. Gli rispondo:” Zara.”
Lui: “ poi devi prendere la M5 ?”
io: “sì, poi la lilla per Ponale.”
Mentre prendiamo, dopo diversi minuti l’ascensore che scende, e facciamo un giro dell’ostia che nemmeno ricordo – per quanto ne so potremmo aver preso anche il binario 9 e ¾ – il bipede sottoforma di addetto mi informa che IO dovrei chiamare e avvisare prima per quanto riguarda i miei spostamenti. Cerco di fargli capire che è un disagio enorme e che IO ho gli stessi cazzo di diritti che ha LUI, bipede, di prendere un cazzo di metro quando per la puttana mi pare, senza avvisare la sala blu, la madonna, Gesù cristo, e nessun altro. Niente. Non comprende. Sembra di parlare con una scimmia. Mi dice che questa è la procedura e lui mi sta spiegando la procedura. Gli rispondo che conosco la procedura, ma non la utilizzo perché mi rompo il cazzo a fare ventordici chiamate del cazzo, avvisare che sono in questo luogo o nell’altro e che poi, comunque, non ho la garanzia questi addetti ritardati sono nel posto giusto al momento giusto. E in fine, lo zittisco dicendogli:” E quindi ? a cosa serve chiamare ? E’ questa la procedura ? la procedura è sbagliata. Cambiatela.”
Lui: “ bè, io te l’ho detto come funziona, poi fai come vuoi” – capisco che è un povero idiota –concludo dicendo : “ anch’io te l’ho detto, la procedura è sbagliata. Cambiatela.”
Come ho finito di dire che spesso quando una pcd ha necessità di salire sul metro, gli addetti non capiscono che è necessaria la valigetta in stile James Bond 00ritardati, arriviamo alla banchina della linea gialla per Zara. Saluto l’addetto che se ne va mezzo scocciato – Di cosa, non l’ho capito, ah già, di aver mosso quelle sue gambe da bipede, ci si stanca, sapete com’è… – dopo avermi detto che l’altro addetto con la rampa sarebbe arrivato subito, e infine lo ringrazio per avermi accompagnato mentre era già in lontananza.
Aspetto il metro. Qualche minuto. Nessun addetto. Arriva il metro. Mentre rimango sbalordito ancora una volta dall’inefficienza di questa merda di Italia, bestemmio e penso che vorrei tirare così tante bastonate tra le gambe di quel sub-umano così da fargli sputare i coglioni.
Aspetto ancora un attimo. Non arriva nessuno.
Mi incammino verso il gabbiotto dell’addetto. Arrivo davanti. L’addetto all’interno non mi vede. Non posso avvicinarmi più di tanto perché ci sono delle sbarre. Non posso bussare sul vetro del gabbiotto.

Passa di lì un carabiniere, vede la scena, credo sconvolto. Cioè, io che cerco di farmi vedere dall’addetto all’interno del gabbiotto. Il carabiniere si avvicina al gabbiotto e… spara all’addetto.
No. Scherzo. Anche se sarebbe stata la cosa più intelligente da fare. Bussa al gabbiotto facendo segno verso di me. – vedete, alcune persone capiscono al volo, non c’è nemmeno necessità di discutere, basta uno sguardo, un segno-.
Esce l’addetto e finalmente riesco a richiedere la rampa, e dico chiaramente che devo prendere il metro, che ho bisogno della rampa, e che scendo a Zara ( il che presuppone che ho esplicitato la meta di arrivo perché ho bisogno di un addetto che con tanto di valigetta/rampa mi permetta di scendere. Insomma, non la ho esplicitata per la grazia di Dio o per informarlo del mio bel giretto ecologico. E’ chiaro. A quanto pare, NO)
Mentre ci incamminiamo verso la banchina, gli chiedo se l’addetto che è passato poco fa accanto al gabbiotto, quello che precedentemente mi ha accompagnato, lo abbia avvisato o quanto meno detto qualcosa. Mi risponde:” no no, non mi ha detto proprio nulla.”
E io:” Aspetti un attimo, è passato accanto al gabbiotto, ha visto che lei era all’interno, ed è passato a fianco al gabbiotto senza dirle nulla ?”
Lui:” Sì. Non mi ha detto nulla.”
E io:” Proprio nulla nulla ?” – per la puttana, non ci credevo ! non potevo pensare che una persona sia così schifosamente e dannatamente ritardata, è inconcepibile-.
Lui:” Niente proprio.”
Io:” E’ ritardato il suo collega.”
Lui:” Perché ?” – cazzo, anche perché mi chiede. Ne ho veramente piene le palle. Mi sembra di stare in un cazzo di manicomio in cui il matto sono solo io.-
E io – proviamo mentre aspettiamo il metro a spiegare a questo bipede il motivo per cui il suo collega è un ritardato, proprio così, come esperimento, tanto per cercare di capire fino a che punto arriva l’imbecillità umana – : “ Perché ? perché avevo appena finito di parlare col suo collega ritardato dei problemi degli addetti che si dimenticano le rampe per noi stronzi handicappati, e 2 SECONDI dopo, lui passa accanto al suo gabbiotto senza dirle nulla. Proprio nulla. Ergo, il suo collega è ritardato.
Lui – e qui sfociamo nella follia più assoluta – lo giustifica sorridendo e dicendo:” eh… si sarà dimenticato…” – come se nulla fosse, uno si può permettere di dimenticarsi queste cose da poco. Cosa vuoi che sia(?). Del resto si è solo dimenticato di avvisare un altro addetto che una pcd ha bisogno della rampa senza la cui rampa sul metro non sale. Nulla di grave. Non ti preoccupare. Muori. Male.
E io – concludo – : “ Dimenticarsi una cosa del genere avendola sentita 2 secondi prima (?). Esattamente come i ritardati.”
Rimaniamo qualche secondo in silenzio. E poi – per non sapere ne leggere ne scrivere – gli domando:” ascolti, ma a Zara, lei ha avvisato che devo scendere e ho bisogno di un addetto con la rampa ?”
Questo mi guarda con un aria tra l’imbarazzo e lo sgomento – e io, dentro di me, l’avrei buttato sulle rotaie del treno, per la puttana – dicendomi:” eh, adesso avviso subito dopo averti fatto salire…!”
Il che significa che quando io mi ero preoccupato di informarlo della mia destinazione questo non ha capito un cazzo. E quindi non ha avvisato.
Ma la gente è ubriaca, cazzo.
Considerando che da Centrale a Zara sono solo, mi pare 2 fermate, avrebbe dovuto correre alla velocità della luce per chiamare, avvisare e fare in modo che l’altro addetto arrivasse in tempo. Non ce l’avrebbe mai fatta – ho pensato -. Ero pronto a scendere per i fatti miei dal metro, e già mi pregustavo la botta di rinculo standard che prendi quando scendi da solo dal metro e sei una pcd .
Arriva il metro. Mi fa salire. Lo ringrazio (di cosa non lo so nemmeno io) e lo saluto.

Mentre sono sul metro verso Zara penso che è probabile che l’addetto che mi ha accompagnato in ascensore (quello che non capiva che io ho il suo stesso diritto di prendere un metro anche per il mio cazzo di divertimento se la cosa mi piace) si sia “incazzato”, o abbia preso la cosa sul personale, così da fare apposta a non avvisare, per qualche meccanismo vendicativo di origini ignote secondo cui se una pcd fa valere verbalmente i propri diritti deve essere punita. E probabilmente è andata così. Vi rendete conto di quanto sono complessati i bipedi ?!? Ci rendiamo conto ?!?
Se la cosa è andata come penso, dato il suo stato d’animo dopo avermi mollato in malo modo sulla banchina, bipedi come questo andrebbero SCUOIATI VIVI. Si dovrebbero fare delle trasfusioni di sangue solo per mantenerli in vita e torturarli ad oltranza.

Quell’addetto era un ragazzo. Avrà avuto la mia età o qualche anno di più. Sarei potuto essere benissimo io. E lui sarebbe potuto essere benissimo me. Io non avrei mai fatto una cosa del genere. Nemmeno se fossi stato incazzato personalmente con quella pcd.
Arrivo a Zara. Pronto a scendere da solo. Miracolo. L’addetto è presente. Mi permette di scendere con la rampa senza prendere colpi.
Ascensore. Ringrazio l’addetto che mi dice che per la lilla, appena salgo devo guardare alle mie spalle. Percepisco dal tono, e dalla sua mimica che, l’addetto precedente non solo lo ha avvisato, ma probabilmente gli ha anche detto quanto incazzato e furioso ero, e magari ha anche riferito gli insulti più o meno indiretti agli addetti. Da qui il suo tono gentilmente accomodante, cercando di far passare me come ritardato, quando in realtà io in metro so muovermi perfettamente se solo non ci fossero barriere architettoniche e bipedi di merda che comunque fungono da barriere architettoniche. Esseri umani che fungono da barriere architettoniche. Nuovi orizzonti di imbecillità. Al cinema ? No. E’ sufficiente andare in metro. E se sei una pcd non paghi nemmeno il biglietto per la visione.
Gli dico:” lo so, grazie, buona serata”
Lilla. Metro. Ponale. Scendo.
Premo il pulsante dell’ascensore. Non si illumina. Non funziona – penso – Dio me lo sta facendo cagare tutto il ritorno a casa.
Guardo in alto, sopra l’ascensore e leggo la scritta illuminata: FUORI SERVIZIO.
Penso:” prendo il prossimo metro, vado fino a Bignami, che dista solo una fermata, scendo a Bignami e poi mi faccio da Bignami a casa mia a piedi.”
Se non fosse per il fatto che, data ormai l’ora, sento all’autoparlante che è in passaggio l’ultimo metro. Bene. Mi viene anche da pensare che se gli ascensori a Bignami non funzionano – perché ormai all’imbecillità dei bipedi si è aggiunta pure la sfiga – sono fottuto, insomma, non salgo più in superficie. Bignami è l’ultima fermata.
Decido di schiacciare il pulsante dell’S.O.S. Mi rispondono. Comunico che l’ascensore in Ponale non va e che ho bisogno dell’ascensore perché sono una pcd.
La voce mi risponde con tono squillante e contento:” attiviamo subito gli ascensori.”
Credo che l’espressione della mia faccia sia stata come quella della gente che ha visto camminare Gesù Cristo sull’acqua.
Rispondo – senza, per Dio, fare altre polemiche – :” ok, grazie 1000.”
Grazie a sto gran cazzo – penso- teste di minchia, mettete gli ascensori e poi li mettete intenzionalmente fuori servizio ? siete proprio dei babbei. Dove cazzo sta scritto che uno deve premere il pulsante dell’S.O.S per farsi attivare gli ascensori ? E se una pcd ha meno mobilità di me è non riesce a premere il pulsante dell’S.O.S che è comunque troppo in alto ? Che cazzo fa ? Rimane li tutta notte ?
Io spezzerei le gambe a sta gente e la lascerei li sulla banchina del metro per vedere che cosa cazzo fa…
Ascensori attivati. Evviva cazzo. Mi sento come un bambino il suo primo giorno di scuola. Hype a 1000. Sto salendo cazzo !

Esco finalmente dal metro. Arrivo davanti a casa. Apro il cancello. Attraverso il cortile. Apro la porta. Salgo con l’ascensore. E mentre apro la porta di casa, mi rendo conto che non era stata chiusa bene. Bè oh ! Almeno non è entrato nessuno in casa ! :)))

Giornatina interessante direi. In ogni caso, sono contento di averla passata con la mia famiglia. Di fronte alle difficoltà, tra tutti i cazzi che si vivono, c’è chi se ne va, senza più ritornare, c’è chi resta, chi ha fatto fatica, fa fatica e in ogni caso rimane, e c’è anche chi, vedendo le difficoltà, per qualche ignota ragione, ci si avvicina, forse proprio perché ama quella persona.
Forse dovevamo allontanarci così tanto per ritrovarci.

La mia famiglia è sicuramente sgangherata, con mille problemi, ricostruita e rappezzata in qualche maniera, ma è una famiglia con le palle, unica nel suo piccolo, e di cui, tutti quelli che sono rimasti e i nuovi che sono entrati, ne fanno parte, me compreso.

E poi in fin dei conti… anche questa serata… non è andata poi così male…

Riccardo Festucci

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