Succede già durante il quinto anno delle superiori. A Natale, pur pienamente consapevole delle fatiche future (in realtà molto vicine) identificabili con la maturità, ti ritrovi come magicamente proiettato in una dimensione nuova: l’università. Sarà che qualunque immaginazione porta a vedere la vita universitaria come il meritato raggiungimento dell’età adulta. Sarò che l’età adulta, a 19 anni, fa indubbiamente gola. Non lo so cosa sarà, sta di fatto che anche a me, forse addirittura prima di Natale, è successo di ritrovarmi improvvisamente a sognare vite parallele e mondi inesplorati, universitari naturalmente.
E poi per tutti una consapevolezza nuova: la strada verso l’università è una strada in salita. Richiede innanzitutto di decidere cosa studiare per i prossimi anni e allo stesso tempo che cosa fare per un’intera vita. Individuata la facoltà, il passo successivo è quello di scegliere dove andare a frequentarla. E questa scelta necessariamente ne implica altre due milioni: i trasporti, l’alloggio e la vita di tutti i giorni sono solo alcune di quelle che interessano chi decide di non essere pendolare. Con costi e difficoltà relative. Sono stata fortunata, perché avevo già in mente di iscrivermi a Giurisprudenza. Il primo ostacolo lo incontrai nella scelta dell’Ateneo. Condizione discriminante è stata per me la mia disabilità, che naturalmente non potevo allegramente ignorare.
Ho iniziato allora scrivendo ad ogni Ateneo – c/o uffici disabilità – che comprendesse la mia facoltà. La mail che inviai a circa una ventina di contatti (fra cui alcune associazioni per l’autonomia) recitava più o meno così:
Salve,
sono Chiara, frequento il quinto anno di Liceo Classico e sono in carrozzina per una malattia genetica rara.
Scrivo per delle informazioni.
La scuola che ho scelto presuppone, dopo la maturità, la continuazione degli studi all’università. Io stessa mi rendo conto che con le difficoltà fisiche che la mia malattia mi procura, lo studio è l’unica via per costruirmi una vita che possa piacermi e che mi sia “accessibile”: mi piace studiare!
Mi piace in particolare scrivere e quello che vorrei sarebbe di lavorare, un giorno, come giornalista. Pensavo quindi, l’anno prossimo, di iscrivermi alla facoltà di giurisprudenza.
Il mio sogno è però di frequentare l’università in autonomia, senza dover pesare sui miei genitori o sugli amici che a loro volta sono studenti. Per la mia malattia, l’atrofia muscolare spinale, non sono autonoma in nessuna azione quotidiana, ho bisogno per alzarmi dal letto, per vestirmi, per andare al bagno, per mettermi la giacca, per girarmi la notte. Riesco ad usare il computer, mi muovo senza problemi con la mia carrozzina elettrica, prendo appunti e scrivo, ma se mi devo spostare “fisicamente” ho bisogno di aiuto.
Chiedo quindi quali possibilità potrebbero esserci: una studentessa non può permettersi di pagare i trasporti da/per l’università, le tasse universitarie (anche se per i disabili con riconosciuto il 100% di disabilità in molte facoltà c’è l’esonero), l’alloggio attrezzato e un assistente che, fuori dalla facoltà (la maggior parte delle università hanno il servizio di operatori sanitari in facoltà per ad esempio la necessità di andare in bagno), l’assista. Pensavo ad una casa famiglia o casa di accoglienza, per tutto il tempo che non passo in facoltà.
Ci sono precedenti del genere? A chi posso rivolgermi? Ho qualche speranza?
La speranza in realtà era tanta, e anzi ero quasi certa che in qualche modo alla fine ce l’avrei fatta. In qualche modo. Ed iniziai pazientemente ad attendere.
Le risposte furono tante, ma per la maggior parte davano grosse disponibilità per alloggi in parte attrezzati a tariffe agevolate, esonero tasse, accompagnamento in facoltà e studenti 150 ore (volontari) come tutor per appunti, ma era sempre più buio il fronte dell’autonomia notturna e delle ore in cui non avevo lezione, nonché per i bisogni come l’andare in bagno, previsti da nessuna parte. Mi incuriosì l’attenzione dimostrata dall’ufficio disabilità di Trento, sotto forma del suo responsabile, Gianni, e così mi misi d’accordo per un incontro, in cerca di soluzioni, che avvenne in febbraio.
Quando parlai con lui, cambiai il modo di vedere le cose: la strada incominciava a modificare la pendenza. Organizzai praticamente ogni aspetto della mia vita futura e alla maturità giunsi con solamente due questioni in sospeso: la prima riguardava il test d’ammissione alla facoltà, che è a numero chiuso; la seconda chi mi avrebbe accompagnato vivendo con me nell’appartamento concessomi e aiutandomi nella pulizia personale e durante la notte. Il mondo, praticamente.
Poi avvengono quei fatti, che la gente chiama anche miracoli. Stavo pensando a chi avrei potuto chiedere un impegno di questo tipo, quando mi contattò una ragazza che già studiava a Trento ed era in cerca di una coinquilina. Era venuta a sapere della mia scelta e chiedeva se poteva collaborare nel darmi una mano nel realizzarla. Accettai con entusiasmo.
E così dopo aver superato il test di ammissione, ho iniziato lunedì scorso le lezioni. E per il momento devo dire che la logistica sta funzionando alla grande e che le porte che mi si stanno spalancando davanti sono innumerevoli. E tutte accessibilissime, come quella di casa mia.
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