foto mojito

Caro diario,

il lavoro oggi mi ha lasciata abbastanza libera da potermi ampiamente dedicare ai miei pensieri, ma soprattutto al dolce cazzeggiamento virtuale e così tra una chattata con un amico e una con un perfetto sconosciuto, ecco che mi sono imbattuta in questo tizio che mi ha scritto:  “Ciao! L’anno scorso il 17 agosto eri al pub Malibù. Hai dei bellissimi capelli sai?” Chiunque converrebbe con me che è un esordio di conversazione piuttosto singolare, soprattutto considerando che io il 17 agosto dell’anno scorso ero veramente andata, per la prima ed unica volta in vita mia, al pub Malibù. Normalmente non ricordo alla perfezione dove ho trascorso tutte le sere della mia vita, anzi sinceramente non so nemmeno dove sono uscita l’altro ieri, ma quella data e quel pub li ricordo bene, perché io compio gli anni il 20 di agosto e l’anno scorso, esattamente tre giorni prima del mio compleanno, Michy mi aveva trascinata al Malibù dicendo che era un posto meraviglioso e che mi sarebbe piaciuto un casino. Poi, al massimo dell’eccitazione, mi aveva fatto portare una fetta di anguria con una candelina, con tanto di tanti auguri a te cantata dal barista alcolizzato. Non ho mai capito perché l’avesse fatto con tre giorni di anticipo, così come non ho mai capito perché un locale pieno di palme di cartone avrebbe dovuto piacermi un casino, ma con Michy non si fanno mai domande: si vive il tempo che riesce a dedicarti tra una crisi depressiva e l’altra e la si ama così com’è.

Così ricordo di aver sfoggiato uno dei miei migliori sorrisi, di averla ringraziata e baciata e di essermi scolata il mio Mojito. Non abbiamo parlato con nessuno per tutta la sera, fatta eccezione per il mio Birthday boy. Dopotutto Michy aveva un paio di tentati suicidi freschi freschi da descrivermi nel dettaglio e questi non sono argomenti che invogliano a guardarsi intorno in cerca di ragazzi.

Chattando ho scoperto che il misterioso ammiratore dei miei capelli mi aveva davvero vista al Malibù e mi aveva riconosciuta tra le foto di alcuni amici in comune su Facebook. Il mio primo pensiero è stato “Cazzo finalmente uno che mi nota per qualcosa di diverso dalla carrozzina e che addirittura si ricorda così bene del mio viso da riconoscermi tra altre centinaia di foto e per di più in un primo piano”. Ammetto che per qualche istante mi sono lasciata cullare dall’idea del principe azzurro che è rimasto ammaliato dalla mia bellezza, che il destino mi ha fatto incontrare casualmente e che mi ha ritrovata con la sola forza del suo ricordo mosso da un incontrollabile desiderio. L’idillio è terminato pochi messaggi dopo, quando mi ha comunicato che da quando soffre di alopecia ha sviluppato un’ossessione per chiunque abbia capelli lunghi e fluenti e per questo si ricorda perfettamente di tutte le “capellone” e i “capelloni” che incontra.

Dopo aver impacchettato le mie speranze e superato la delusione oggi mi son detta che comunque vale la pena di conoscere questo strano tipo glabro. Tanto più che, ossessioni a parte, sembra davvero molto ben disposto nei miei confronti. Così abbiamo continuato a chattare per buona parte della giornata scoprendo che, oltre a qualche amico in comune su facebook abbiamo anche la stessa passione per De Andrè e per i film di Almodovar, che non c’entrano un cazzo l’uno con l’altro, ma che comunque piacciono un casino ad entrambi. La cosa più strana è però la sua professione: mi ha detto infatti di essere un Operatore Socio Sanitario e che lavora in una comunità per ragazzi disabili, cioè praticamente appartiene ad una di quelle categorie professionali con cui sono cresciuta, e opera addirittura in un distaccamento della mia ultima comunità. Il suo notarmi e ricordarsi di me è sempre più spiegabile, lo so, così come la sua assoluta familiarità con la mia disabilità. La cosa però non mi preoccupa più di tanto, anzi, da un lato mi tranquillizza. Del resto, dopo la storia dell’alopecia, doveva pur rimontare di qualche punto per non essere espulso del tutto dalla mia classifica, no?