Caro diario,
ogni anno il mese di aprile mi rende fibrillante e fa nascere qualche nuova idea più o meno stravagante, più o meno realizzabile, ma comunque nuova, almeno per me. Dopotutto questo è un aprile un po’ anomalo: in alcuni giorni ha iniziato a fare caldo e il calore risveglia, per quel poco che è possibile, i miei neuroni assopiti, che a loro volta vanno a shakerare i miei muscoli rimbambiti e tutto ciò mi rende più inquieta, vibrante, oserei quasi dire viva. Ovviamente quando parlo di risveglio alludo al corpo, alla mente e…beh anche ai sensi. In effetti è da parecchi anni che non vivo un aprile senza un ragazzo fisso accanto. Sei anni fa ad aprile c’era Riccardo, era appena arrivato nella mia vita ed io ingenuamente pensavo che non avrei mai avuto un serio motivo per mandarlo via. Quello è stato il mese della scoperta dei nostri corpi impacciati e del desiderio reciproco di sperimentarsi. Anche i disabili fanno l’amore! Che scoperta incredibile! Beh certo non fanno tutte quelle fantastiche posizioni che vedevo nei film, ma paradossalmente l’imbarazzo per il mio corpo un po’ “pittoresco” si è sempre presentato più davanti allo specchio che davanti agli uomini…sarà che in quei momenti son presa da pensieri più “seri” ?
Ma torniamo a Riccardo e al nostro meraviglioso aprile, deturpato solo parzialmente dal simpatico episodio che ritengo di dover raccontare. A passeggio per le vie del centro, incontrammo un suo amico d’infanzia che ebbe la geniale e illuminata idea di avvicinarsi, salutarlo e, dopo avermi lanciato un’occhiata furtiva, domandargli: “Ah! Stai facendo servizio civile! Ma è tanto palloso?”. Credo che se quell’episodio mi fosse accaduto oggi, la mia risposta avrebbe scatenato nel malcapitato un’incontrollabile voglia di correre a casa e tuffarsi nell’acqua della vasca da bagno con in mano un phon acceso. Ai tempi però ero ancora in piena crisi e non seppi rispondere nulla di più incisivo che un: “Se facesse servizio civile oggi sarebbe a passeggio con te e non con me, stronzo!”
Sì, a ripensarci, credo che comunque un qualche dubbio sulla legittimità della sua esistenza possa essergli venuto anche così, ma si poteva fare di più. Comunque il punto non è questo, la cosa raccapricciante è che, prima che io potessi articolare la mia risposta, quell’organismo monocellulare del mio ragazzo aveva già sgarrato con un flebile e timido “No…” Credo che lui si sia sentito anche più in imbarazzo di me in quel momento, ma ai tempi ero fin troppo impegnata ad affrontare le mie di insicurezze per potermi preoccupare anche delle sue. Ricordo che, una volta salutato frettolosamente l’amico, inebetito dalla mia inaspettata capacità di formulare frasi di senso compiuto senza sbavarmi addosso, costrinsi Riccardo a riportarmi in macchina e lì diedi sfogo a tutta la mia rabbia. Quell’episodio condizionò buona parte delle nostre uscite successive e costituì il primo di una lunga serie di precedenti a cui, da vera bastarda, mi sarei appellata ogni volta che il poverino sgarrava in qualche modo.
I mesi di aprile dei tre anni successivi li ho passati con lui, finché non arrivò Luca ovviamente, con il quale sono stata fino a pochi mesi fa, o meglio, dal quale sono riuscita a liberarmi pochi mesi fa. Bello, alto, forte. Abbastanza maturo da gestire i miei sbalzi d’umore e le mie nevrosi e con sufficiente esperienza da far godere fino alle lacrime questo debole e voglioso corpo. La cosa che più mi eccitava di lui era la fantasia. Siamo stati nipotina e zio, casalinga e idraulico e ovviamente non ci siamo fatti mancare i tanto scontati quanto divertenti medico e paziente e ovviamente disabile e accompagnatore. Peccato che quest’ultima, che era iniziata come una godereccia fantasia sessuale, sia finita per diventare un’estenuante commedia quotidiana. Peccato anche che, oltre a tutto quel sesso, così poco di lui mi riusciva ad appassionare. Del resto come avrebbero potuto attrarmi le partite della domenica e i film stupidi con Abatantuono proprio non lo so, e questi erano i suoi unici interessi. Odio sentirmi una donnetta che sta con uno per degli anni e poi quando lo molla ne dice peste e corna. La realtà però è che, mentre si vive la storia, troppe cose vengono ignorate per via dell’entusiasmo, dell’affetto e, in parte, per disperazione. Ma quando ci si lascia, il nostro fragilissimo vasetto di Pandora non solo si scoperchia, ma si frantuma, ed ecco che la vera natura dell’altro, così come dell’intero rapporto, ci balza prepotentemente agli occhi e noi, già delusi e feriti, troviamo confortante il realizzare di aver perso solo un ammasso di polverosi fastidi.
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Il primo capitolo: Tra i raggi segreti di una ventenne in carrozza
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