Mi chiamo Elsa ed ho 36 anni ho una tetraparesi spastica da paralisi cerebrale infantile. La mia disabilità, per fortuna, non è molto grave, infatti, essa mi ha consentito, nonostante le mie difficoltà, di studiare, di laurearmi, di trovare un lavoro che faccio volentieri, di fare volontariato, di farmi degli amici ed avere una vita sociale abbastanza attiva. Il mio handicap mi ha, però, impedito di trovare un compagno, infatti, benchè abbia provato in tutti i modi a realizzare il mio sogno, non sono riuscita a trovare una persona col quale avere una relazione, così alla fine, mio malgrado, ho deciso di rinunciare.
Ma l’avere delle relazioni sentimentali ed una normale vita sessuale fa parte secondo me dei bisogni fondamentali di ogni individuo ed imporsi di rinunciare a ciò può rivelarsi un atto impossibile. Una tale rinuncia, infatti, può far perdere la ragione, può farti impazzire, ed a volte perdere il controllo di sè stessi, anche soltanto per pochi attimi, può avere delle conseguenze molto gravi. Questa cosa me l’ha fatto capire un episodio che è accaduto qualche mese fa e che deciso di raccontare perchè credo si presti ad una riflessione sull’argomento handicap e sessualità.
Erano circa le otto e mezza quando salii sull’autobus quella sera, mi accorsi che i posti a sedere erano tutti occupati, così con la mia andatura un po’ traballante, raggiunsi i sostegni più vicini e mi agganciai bene per non cadere.
Il mio passo era più incerto del solito, perchè indossavo un paio di mocassini, che per me non sono scarpe comodissime. In realtà dovrei portare soltanto polacche o scarpe da ginnastica, ma quel giorno faceva molto caldo ed avevo deciso indossare un vestito e quest’ultimo richiedeva una scarpa adatta. Era un vestito corto un po’ sopra il ginocchio, smanicato, molto incollato, che mi sta leggermente aderente perchè recentemente ho messo qualche chilo, decisamente nulla di provocante, tornavo dal lavoro non dalla discoteca.
Vicino a me c’erano un ragazzo ed una signora. Il ragazzo era alto e robusto, capelli ricci e scuri, carnagione scura ed occhi neri. La signora, un donna anziana, malvestita, chiedeva di avvertirla quando si arrivava ad una certa fermata perchè non ci vede bene ed ha una certa difficoltà a distinguerla dalla altre. Rassicurai la signora, dicendole che ci avrei pensato io, lei si tranquillizzò e cominciò a parlare col ragazzo. La donna si lamentava dei giovani d’oggi affermando che il loro comportamento fosse screanzato. Io dentro me ridevo perchè mi appariva al quanto singolare lamentarsi dei giovani con un ragazzo. In realtà quello della signora fu un monologo, perchè il ragazzo non le rispondeva nè verbalmente, nè con l’espressione del viso, sembrava perso nei suoi pensieri. Pensai che probabilmente fosse straniero del dialetto stretto della signora non ci capiva nulla.
Arrivammo alla fermata la vecchietta scese ed io mi preparai per la successiva. Scesi anch’io dall’autobus, poi col mio passo traballante mi avvicinai al semaforo pedonale, poi allo stesso modo attraversai la strada. Quando arrivai al marciapiede opposto sentii una voce che diceva ”Vuoi aiuto? Ti do una mano a camminare?”. Mi voltai e vidi il ragazzo dell’autobus. Dal suo accento capii che era straniero. ”Grazie” gli dissi ”ci riesco da sola”. ”Ti aiuto” insisteva lui, ”Ce la faccio” ripetevo io. Ad un tratto mentre cercavo di convincerlo che non avevo bisogno d’aiuto, lui si avvicinò a me e mi abbracciò.
Qualunque persona sana di mente gli avrebbe detto ”ma che stai facendo? lasciami stare!” o qualcosa del genere ed avrebbe cercato di fuggire. Io invece non reagii, non dissi nulla, lo lasciai fare senza protestare. Non so bene perchè glielo permisi: forse pensai che lo stava facendo perchè, vedendomi camminare in quel modo, aveva avuto pietà di me, forse non pensai a nulla, in quegli istanti sentii soltanto di aver un immenso bisogno di quell’abbraccio. Il suo alito emana un forte odore di vino che mi induceva a pensare che probabilmente fosse ubriaco, ma neanche questo mi indusse a ribellarmi sentivo un immenso bisogno di quel contatto fisico, di sentire il suo corpo contro il mio così mi lasciai abbracciare. Lo lasciai fare anche quando iniziò ad accarezzarmi il seno, lo lasciai fare perchè mi sembrò la cosa più normale che potesse succedere.
Tornai in me dopo pochi secondi, recuperai la razionalità che in quel frangente avevo perso completamente, mi divincolai dall’abbraccio e mi accinsi ad andare via. ”Ti do una mano” tornò a chiedermi lui, ”Ce la faccio da sola” gli ripetei io. Ripresi la mia strada, lui camminava al mio fianco. Questa cosa mi preoccupava, poichè eravamo a poca distanza da casa mia e non volevo che mi seguisse fin lì, così mi sforzavo di trovare un modo per farlo allontanare. Ero concentrata in questo pensiero quando, d’improvviso, sentii la sua mano sulle mie parti intime. Stavolta la mia reazione fu decisamente diversa: ebbi una grandissima paura e cominciai ad urlare. Per fortuna ci trovavano in una delle strade principali della città ed a quell’ora molte botteghe erano ancora aperte e molta gente era ancora in giro. Cominciai ad urlare, per attirare l’attenzione della gente, cosicchè potesse venire qualcuno ad aiutami, ma non fu necessario: le mie urla lo spaventarono a tal punto che, ancor prima che qualcuno capisse cosa stava succedendo, lui era già scappato via.
Tornai a casa sconvolta, ovviamente non era stato il suo comportamento a sconvolgermi, ma il mio. Come avevo potuto permettere che una persona sconosciuta, perdirpiù ubriaca, mi facesse delle avances senza reagire, anzi assecondandolo? Cosa sarebbe successo se mi fossi trovata in una strada secondaria o se non ci fosse stata gente in giro? Cosa avrebbe potuto farmi?
Come dicevo all’inizio ho sempre desiderato trovare un compagno, un uomo col quale condividere le gioie ed i dolori della mia vita, ma non ci sono riuscita, finchè alla fine non mi sono arresa ed ho cercato di seppellire i miei desideri in fondo alla mia anima, dicendo a me stessa che avere un uomo accanto non fosse indispensabile. Ma questa rinuncia non è possibile da realizzare. Credo che tutti gli esseri umani abbiano bisogno di avere un partner credo che rinunciarvi sia contro la natura stessa dell’essere umano.
Per tale motivo più volte in passato avevo pensato al sesso al pagamento per soddisfare i miei bisogni, qualche volta ho anche dato un occhiata su internet per cercare annunci di uomini che erano disposti a prostituirsi, ed in qualche occasione ho anche appuntato qualcuno dei loro indirizzi e-mail ma alla fine non ho mai contattato nessuno. A bloccarmi sono stati principalmente due fattori: innanzitutto lo squallore della cosa in sè, sicuramente non era quello che volevo e non sono il tipo che accetta facilmente di ripiegare su altro, secondo restare da sola con un uomo sconosciuto mi è sempre apparsa come una cosa pericolosa. Chi può garantire che una persona che si presenta come escort non si riveli poi un deviato o un maniaco? come posso essere sicura che, una volta rimasta da sola con lui, non mi faccia del male? Dunque ho sempre rinunciato a questo tipi di incontri per evitare i possibili pericoli che gli stessi potevano comportare, ma se la rinuncia alla mia vita sessuale mi può indurre ad a compiere degli atti che possono mettere essi stessi a repentaglio la mia incolumità fisica, allora cosa posso fare?
Certo se esistessero delle agenzie che si occupassero di questa cosa sarebbe tutto più semplice. Ma in Italia la prostituzione è illegale, anche se tutti sanno che c’è sempre stata e ci sarà sempre e l’unico e secondo me l’unico effetto di questa norma è quello è di mettere quotidianamente a repentaglio l’incolumità e la vita di centinaia di ragazze che ogni giorno ”lavorano” sui marciapiedi.
Nei mesi successivi all’accaduto ho pensato spesso a quello che mi era successo e mi sono interrogata spesso sulle questioni di cui parlavo sopra, ma non avevo mai pensato al ragazzo. Non mi ero mai chiesta chi fosse, perchè si fosse ubriacato quella sera, non mi era mai venuto in mente che anche lui come me potesse essere vittima di questa società e di questo sistema, finchè qualche giorno fa non l’ho rivisto. Dimostrava 18- 20 anni, lavava parabrezza ad un semaforo, era insultato e scacciato da molti automobilisti. Allora ho cominciato a chiedermi chi fosse, come fosse arrivato in Italia, se non fosse un clandestino che scappava dalla guerra o dalla povertà ed ho provato ad immaginarlo nel suo paese, l’ho immaginato come un ragazzo come tanti che va a scuola, o magari all’università, oppure ha un lavoro, che ha una fidanzata che il sabato pomeriggio porta al cinema o al McDonald oppure a mangiare il kebab e dopo a fare l’amore e che non si sognerebbe mai di andare in giro ubriaco a tentare di violentare donne che potrebbero avere l’età di sua madre e che alla maggior bparte degli uomini risultano non desiderabili. Allora ho visto il nostro incontro in modo diverso, mi è apparso come UN INCONTRO DI SOLITUDINI.
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