Caro Diario,
stamattina, mentre mi stavo preparando per andare al lavoro, chiedo a Spadino di prendermi gli occhiali da sole e lui, lottando come al solito contro i suoi tic nervosi agli occhi, mi dice: “Clo, c’è una busta nera che sembra un ricordino da morto qua dentro, lo sai?”
Sì, forse occorre una premessa per non rendere del tutto incomprensibili queste mie memorie di disabile.
Mai visto in giro un “carrozzato”? Spesso lo si osserva vagare per le vie, per le scuole o per le università munito di fedele amico o amica sulle cui spalle pesa un enorme zaino o borsone ripieno degli affetti personali, dei libri e di tutto ciò che gli necessita per spostarsi e vivere. Ora, forse perché nessuno ha mai piegato la schiena al mio cospetto o forse perché amo trasgredire, fin dai tempi del liceo ho preferito munire la mia carrozza a motore di un borsone che facevo legare dietro lo schienale. Tale accessorio, negli anni, ha cambiato forma, dimensione e soprattutto contenuto. Quando andavo a scuola era uno zainetto della Smemoranda nero pieno di libri, giornalini Cioè e Sibille. All’università è diventato un borsone da viaggio con quaderni per appunti, trousse di trucchi, libri di poesie, montagne di assorbenti da dispensare alle amiche, almeno due scatole di analgesici, Estathè al limone per le emergenze. Ora è una borsa enorme da fricchettona con all’interno una varietà infinita di stronzate per lo più assolutamente inutili. Ovviamente, oltre a tutta la mia rumenta, saltuariamente la borsa si riempie anche di oggetti appartenenti a terzi che, per caso mentre gravitano intorno a me, comprano qualcosa e non sanno dove metterlo. Ecco che mi ritrovo buste con mutande, creme, libri di cucina, salvaslip, pacchetti vuoti di sigarette, deodoranti e colla di pesce. A volte mi chiedo se poi se li dimentichino lì per caso, se volontariamente decidano di donarmeli o se, visto ciò che abita la mia borsa, una volta gettati i loro acquisti in quel pozzo nero, abbiano paura a rificcarci le mani per riprenderseli.
“Oh Clo, ma stai dormendo? Cos’è sta roba da funerale?”
Siccome è da parecchio che non mi capita di avere a che fare con morti fisiche mi stupisco e gli chiedo di passarmi l’intruso. Non ho nemmeno il tempo di rispondergli male come farei di solito. La busta piccola e nera di carta ruvida mi inquieta parzialmente. E’ tardi ma decido lo stesso di aprirla prima di fuggire a lavoro. Al suo interno ho trovato solo un angolo strappato da un libro. Non avendo tempo per soffermarmi a riflettere, né per farmi istruire da Spadino sull’esatta pronuncia di quello stralcio di testo, sono uscita. L’enigma della “busta da morto” mi ha tormentata per tutto il tragitto.
Arrivata a lavoro, la scenata isterica di una gestante senza appuntamento che mi implorava di chiedere al Dottor Voglini di visitarla, perché le era venuta un’irritazione strana in luoghi che non desidero riportare sul mio diario (ma solo perché non appartengono a me), mi ha fatto scordare per un po’ il tutto.
Adesso la giornata è finita, sono nuovamente nella mia casetta e qui, di fronte a me, c’è l’inquietante indizio. Mi domando quando mi è stato infilato in borsa. Ieri è stata la giornata del recupero dalla notte di sabato e non sono uscita di casa. Escludendo per ovvi motivi le mie amiche comatose, non mi resta che pensare che il presente sia stato depositato sabato. La notte in cui ricordo di aver incontrato decine di persone e di cui ho rimosso almeno un paio di ore. Poi mi chiedo: che vorrà dire sta cosa? Una parte di me mi ripete: “Guardi troppi film, dovresti assolutamente scopare di più”. Un’altra invece mi spinge a pormi interrogativi sul misterioso stralcio. Ovviamente ho già sottoposto l’interrogativo al dio internet, ma trattandosi solo di pezzi di frasi, non ho trovato nulla. Magari è un libro famoso… del resto la mia conoscenza letteraria non è così vasta. Mi farò aiutare da chi ne sa di più.
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