disegno abbraccio cuore

Rimasi in macchina, sotto casa sua, per più di 40 minuti. Era estate, stavo morendo dal caldo ma non trovavo il coraggio di chiamarlo, per farmi montare la sedia e salire da lui. Sapeva che ero lì e sapeva anche il perché. Volevo il suo corpo, volevo un uomo, volevo sentirmi desiderata, bella, volevo scoprire se ero in grado di eccitare un ragazzo o se questo corpo segnato dalla malattia e i miei movimenti impacciati e poco sinuosi bastavano a far scomparire tutta la magia. Ero stanca di sentire le mie amiche raccontare le loro avventure sessuali e di rendermi conto che una 14enne aveva sicuramente più esperienza di me.

Mandai un messaggio a un’amica, chiedendo un consiglio. Lei mi rispose semplicemente di seguire l’istinto e bastò per decidermi di chiamarlo e salire a casa sua.

Una volta entrata, sentendo l’aria fresca del condizionatore, incominciai a rilassarmi. Ci sedemmo sul divano a vedere un film, lui cercava il contatto, con una carezza o un abbraccio, ma io lo rifiutavo categoricamente, perché non ero pronta ad una tale intimità. Non sapevo come posizionarmi su un divano così stretto, non sapevo come abbracciarlo, non sapevo come rispondere alle sue carezze. Lui, dal canto suo, non si arrendeva, voleva semplicemente che mi lasciassi andare. Dopo un paio di tentativi caduti nel vuoto, andò in cucina a prepararmi la cena. Cenammo tranquilli, due chiacchiere e un po’ di vino. Mentre lavava i piatti, mi rilassai sul divano e cercai il suo contatto. Incominciò lentamente, mi baciò, mi accarezzò, mi spogliò. Io rimanevo immobile, come una bambola, non sapendo come ricambiare, paurosa che alzando il braccio e non riuscendo a controllare il movimento, avrei potuto fargli del male. Lui non conosceva i miei limiti, fino dove potevo arrivare, così lo lasciai fare e non pretese nulla in cambio. Non lo toccai minimamente, godevo solamente dei suoi gesti. Mi regalò sensazioni pazzesche, mai provate prima, egoisticamente parlando tornai a casa quasi soddisfatta. Quasi.

Lui, come me, non aveva cercato la mia mente, la mia sensualità, la mia passione, voleva solo il mio corpo e gli bastava così. Una volta a casa, realizzai che avevo vissuto l’esperienza a metà, che non è bastato sentire le sue mani sul mio corpo e raggiungere l’orgasmo, ma che avrei dovuto ricambiare, per me, per lui, per il sesso. Capii che il sesso a se stante, con uno sconosciuto, non mi sarebbe mai bastato. Ho bisogno dell’uomo che conosca i miei limiti e che mi aiuti a scoprire insieme i modi per potergli regalare il piacere che più desidera e per fare ciò è indispensabile l’intesa mentale e una forte intimità. Ho bisogno dell’uomo che conosca la mia disabilità e che, ciò nonostante, possa comunque percepire la mia sensualità. E’ chiedere troppo, forse?

Quando mi riaccompagnò alla macchina gli diedi un bacio, lo salutai e sfrecciai via, entrambi consapevoli che non ci saremmo più rivisti.

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L’altro articolo di Michela è qui: Michela si presenta.